Diritto all’oblio Google, leggi questo caso storico

12 Marzo 2022
Cancelliamo i Dati Indesiderati
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In Europa, la Corte di Giustizia Europea riconosce sia il diritto all’oblio, ovvero il diritto alla privacy del singolo relativo alla possibilità di rimuovere alcune sue notizie online nel caso in cui ledano ingiustamente la sua reputazione, che il diritto di libertà di espressione, secondo cui un gestore di un motore di ricerca o di un qualsiasi altro servizio di trattamento di dati può garantire che siano presenti online tali informazioni, come garantito dall’articolo 10 della Convenzione Europea dei Diritti Umani (CEDU). Quando un utente richiede quindi di eliminare un’informazione dal web, vi è sempre la difficile procedura di bilancio tra questi due diritti, del singolo e della collettività, come possiamo vedere nel caso del signor Biancardi contro Google: in merito al diritto all’oblio Google, leggi questo caso storico e vediamo più nel dettaglio come va bilanciato questo importante diritto personale.
Il caso Biancardi – rimuovere articoli di giornale da Google
Questo caso ha inizio con un articolo di giornale, riferito ad una rissa e ad un accoltellamento in un ristorante, pubblicato in Italia nel 2008 dal signor Biancardi, al quale era stato richiesto di levare i riferimenti personali alle persone coinvolte nell’accaduto. Egli, tuttavia, ha rifiutato di eliminare i nomi delle persone coinvolte, in quanto considerava questa come una grave violazione del suo diritto d’espressione e di cronaca. L’articolo, infatti, nominava la famiglia proprietaria del ristorante (due fratelli e i loro rispettivi figli) coinvolta nella rissa e forniva dettagli sui procedimenti penali. Nel 2010, quindi, uno dei due fratelli ha richiesto tramite una notifica formale al signor Biancardi di rimuovere l’articolo da internet, richiesta respinta ovviamente dal signor Biancardi. Durante il procedimento, tuttavia, il signor Biancardi ha deciso almeno di non rimuovere l’articolo, ma di deindicizzarlo, ovvero di eliminarlo dai risultati di ricerca che apparivano in risposta al nome dell’interessato. In questo modo, l’interessato ha ottenuto una parziale rivalutazione della sua reputazione e anche un risarcimento per i danni subiti nel periodo che va dal momento della richiesta di rimozione dell’articolo (settembre 2010) alla deindicizzazione dello stesso da parte del sig. Biancardi (maggio 2011).
Il diritto d’espressione non può prevalere sul diritto alla privacy
Come ci insegna questo caso, quindi, il diritto d’espressione di un gestore non può prevalere sul diritto alla privacy di un singolo, a meno che ci siano contesti particolari come figure pubbliche coinvolte o procedimenti penali che coinvolgono l’intera collettività. Il diritto del pubblico all’informazione, inoltre, era già stato soddisfatto nel periodo che va dalla pubblicazione dell’articolo (2008) alla richiesta di rimozione dello stesso (2010), il che era sufficiente per non ledere ulteriormente il diritto alla privacy dell’interessato. Nel momento in cui un articolo rimane ancora a lungo facilmente accessibile nonostante ci sia una notifica formale di rimozione in corso, allora la Corte di Cassazione conferma l’illegittimità del trattamento dei dati personali.