Nell’era della digitalizzazione in cui ci troviamo, in cui la società e la reputazione di una persona, di un brand o di un’azienda sono sempre più condizionate dal web, l’oscuramento dei dati personali è un tema sempre più di attualità, in quanto il diritto all’oblio prevede che un utente abbia il diritto di richiedere la rimozione di un contenuto personale dal web nel caso in cui esso sia inadeguato, eccessivo, irrilevante o non più rilevante. Nel caso della pubblicazione di dati giudiziari, relativi a condanne o processi, però, la domanda che spesso ci si pone è quale sia il giusto equilibrio tra l’esigenza della pubblicità dei provvedimenti giurisdizionali da un lato e, dall’altro lato, il rispetto della privacy di chi vi ha preso parte.
La domanda che spesso ci si pone, in particolare, è se sia possibile pubblicare i provvedimenti con i nomi dei soggetti interessati ed i loro dati sensibili oppure se sia obbligatorio oscurare i loro dati sensibili e rendere anonimi tali provvedimenti.
Questa questione dei limiti e dell’anonimizzazione dei dati identificativi degli interessati nelle sentenze ed in generale in tutti i provvedimenti giurisdizionali è disciplinata da diversi articoli e leggi del settore.
Primo fra tutti, l’articolo 6 della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali: esso coniuga il principio della trasparenza dei provvedimenti giudiziari con la tutela della riservatezza disponendo da un lato, il diritto di rendere pubbliche determinate cause e, dall’altro, il contemporaneo limite del principio di pubblicità quando prevalgono gli interessi di minori, la protezione della vita privata delle parti in causa, il rischio di pregiudizio agli interessi della giustizia, all’ordine pubblico o alla sicurezza nazionale.
È importante sottolineare come rendere pubblici dei provvedimenti giurisdizionali abbia l’importante funzione di rendere prevedibili le decisioni di un tribunale, in quanto fornisce dei precedenti a disposizione delle parti che possono fruirne per la loro linea di difesa e per prevedere eventuali esiti di processi.
Allo stesso tempo, però, gli artt. 51 e 52 del Codice in materia di protezione dei dati personali prevedono la trattazione dei dati quanto più possibile mirata alla riduzione al minimo della lesione dell’interesse alla riservatezza: ciò è possibile grazie a tecniche quali l’anonimizzazione o pseudonimizzazione dei dati identificativi delle parti in causa, laddove non si tratti di dati rilevanti ai fini dell’interesse pubblico perseguito. Si avrebbe quindi la diffusione e la pubblicazione del solo contenuto dei provvedimenti giurisdizionali utili a livello giuridico ed informativo, senza ledere in modo inappropriato, eccessivo o inadeguato alla privacy della persona coinvolta.
È infine fondamentale precisare che l’anonimizzazione non riguarda tutti i dati (ad esempio la vicenda fattuale), ma soltanto i dati identificativi dell’interessato, per tali intendendosi i dati personali che permettono l’identificazione dell’interessato (come ad esempio il suo nome, i suoi dati sensibili o il nome del suo rappresentante legale). L’oscuramento in questione non riguarda quindi la pubblicazione della sentenza, che deve essere completa di tutti i dati, ma soltanto il caso di divulgazione della sentenza per finalità di informazione giuridica.
In questo modo sono perciò garantiti contemporaneamente sia il diritto alla riservatezza e all’oblio del singolo, sia l’esigenza della pubblicità dei provvedimenti giurisdizionali mirata alla trasparenza, conoscenza e prevedibilità del diritto in tutte le sue interpretazioni.