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Diritto all’oblio, come Google prende le decisioni per le richieste di rimozione

Diritto all’oblio, come Google prende le decisioni per le richieste di rimozione

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A seguito della introduzione del Regolamento adottato dall’Unione Europea, e per questo vigente negli stati membri, in particolare il nr. 679/2016 è stato introdotto il nuovo Codice della Privacy, GDPR – letteralmente General Data Protection Regulation, in materia di protezione dei dati personali che introduce degli importanti strumenti a tutela del c.d. diritto all’oblio anche conosciuto come “il diritto all’essere dimenticati” o anche alla “rimozione delle informazioni o dei propri dati personali” dal web.

Ebbene, nello specifico il c.d. diritto all’oblio viene configurato oggigiorno come diritto servente a cancellare da internet i propri dati personali. Al fine di osservare il diritto all’oblio nei confronti dell’interessato, il Titolare delle informazioni personali che sono state diffuse pubblicamente su un sito web o una pagina, che abbiamo però contenuto pregiudizievole, ha l’obbligo di informare della richiesta di cancellazione altri titolari che trattano allo stesso modo i dati personali cancellati. Sul punto, ai sensi dell’art. 17 par. II del GDPR si fa riferimento a “qualsiasi link, copia o riproduzioni”.

La pronuncia Costeja

L’introduzione del diritto all’oblio, è vero che risale alla introduzione della normativa di cui all’articolo 17 del GDPR, che tiene conto del diritto di richiedere la deindicizzazione, ma ha origini non scritte più antiche, o quasi. Invero la possibilità di cancellare i propri dati personali dal web veniva stabilita dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia Europea allorquando aveva pronunciato la sentenza c.d. Costeja. La pronuncia Costeja, che prende il nome dal soggetto che ha animato la controversia, il quale voleva, per l’appunto, cancellare i proprio dati personali dal web, e nello specifico alcune informazioni su vicende che riguardavano la sua persona ed il fisco, veniva pronunciata dalla Corte di Giustizia Europea, da ora CGUE, il 13 maggio 2014 e ha dichiarato che un interessato ha la facoltà di chiedere al fornitore del motore di ricerca, di rimuovere notizie pregiudizievoli, obsolete e non aggiornate nonché link verso pagine web dall’elenco di risultati, anche definite query, che appare nei suggerimenti successivamente all’immissione nella barra apposita di parole chiave e dati, quali nome e cognome di un soggetto.  

Chi può presentare una richiesta di rimozione

In base al diritto dell’UE, chiunque ha diritto alla protezione dei dati. Tuttavia, nella pratica, le autorità di protezione dei dati si concentrano maggiormente sulle domande che presentano un collegamento tra l’interessato e l’UE, per fare un esempio allorquando si è presenza di un caso in cui una detta persona sia un cittadino o residente di uno Stato membro dell’UE. Ciò non significa che i cittadini non facenti parte dell’Unione Europea non hanno il medesimo diritto, infatti per questi Google ha un modulo di richiesta apposito.

Come inviare una richiesta di rimozione a Google

Al fine di tutelare la piena efficacia dei diritti dell’interessato che si sente pregiudicato nella sua reputazione online, le decisioni di cancellazione dall’elenco dei contenuti pregiudizievoli devono essere eseguiti in maniera tale da poter garantire la completa tutela dei diritti degli interessati, nonché in modo tale da prevenire l’elusione delle norme dell’UE.  In questo caso, limitare ai domini dell’UE la rimozione dall’elenco dei risultati a motivo del fatto che gli utenti tendono ad accedere ai motori di ricerca mediante i rispettivi domini nazionali, non può ritenersi un mezzo sufficiente per tutelare in modo soddisfacente i diritti degli interessati come previsto dalla sentenza. Normalmente i motori di ricerca protezione, Google compreso, non sono tenuti a informare i webmaster, vale a dire i gestori delle pagine interessate dalla cancellazione dall’elenco dei risultati, che alcune delle loro pagine web sono state interessate da una cancellazione dalle query rispetto a quelle parole chiave dai risultati del motore di ricerca. Invero, la normativa dell’UE sulla protezione dei dati non prevede alcuna base giuridica per una tale comunicazione.

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