Cancellare notizie da Internet: alcuni provvedimenti del Garante

10 Ottobre 2023
Cancelliamo i Dati Indesiderati
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L’era digitale ha portato con sé una quantità incredibile di vantaggi, ma anche una serie di sfide legate alla privacy e alla gestione delle informazioni personali online. Nel corso degli anni, molte persone hanno condiviso una vasta quantità di dati personali su Internet attraverso social media, motori di ricerca, siti web e altre piattaforme online. Tuttavia, in alcuni casi, desideriamo cancellare notizie da Internet o controllare queste informazioni. In questi casi, entra in gioco “diritto all’oblio“.
Cosa vuol dire diritto all’oblio
Il diritto all’oblio, per essere precisi, non è altro che un concetto legale di nuova generazione che offre alle persone il potere di richiedere la rimozione di informazioni personali o irrerilevanti dal web. Siffatto concetto è stato riconosciuto in vari paesi, a partire dall’Unione Europea, dove è stato formalizzato attraverso il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati, da qui GDPR, nel 2018. Il GDPR offre ai cittadini europei il diritto di richiedere la cancellazione dei propri dati personali in determinate circostanze.
Il ruolo chiave dei motori di ricerca
Uno degli aspetti più noti del diritto all’oblio riguarda proprio l’atto di eliminare notizie da Google ed in particolare dai risultati di ricerca, c.d. quei di ricerca. Nel 2014, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha stabilito che i motori di ricerca sono responsabili della rimozione di link a informazioni personali obsolete o irrilevanti su richiesta dell’individuo. Questa decisione ha portato all’implementazione di un processo di richiesta online.
Esso è noto come “Formulario di Richiesta di Rimozione di Contenuti”, messo a punto da Google e da altre società simili. Per richiedere la rimozione di un risultato di ricerca su Google, devi:
- Accedere modulo Google per fare richiesta di rimozione dei contenuti.
- Fornire le informazioni richieste, inclusi i link dei risultati di ricerca da rimuovere.
- Spiegare perché si ritiene che i link siano obsoleti o irrilevanti e qual è il tuo interesse legittimo nella rimozione.
Google esaminerà la tua richiesta e prenderà una decisione in base alla legge applicabile e alle circostanze specifiche.
I provvedimenti del Garante Privacy
Di seguito, l’articolo di oggi offre al lettore un approfondimento sul diritto all’oblio, evidenziando come alcuni provvedimenti del Garante Privacy abbiano influito sulla possibilità o meno di eliminare informazioni personali da Google.
Richiesta di rimozione di informazioni su un defunto
Un ricorso è stato presentato al Garante per la Privacy in data 1° settembre 2016, da XX, sia in proprio che in qualità di madre del minore XY, figlio del defunto KW, con la rappresentanza legale dell’avv. Simona Paola Castagna. Nel ricorso, sono state ribadite le seguenti richieste ai sensi degli articoli 7 ss del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196:
- La richiesta di cancellazione del nome e cognome del defunto nei vari articoli pubblicati e la loro deindicizzazione presso diversi titolari, tra cui il Gruppo Editoriale L´Espresso S.p.A., Nearco s.r.l., Giovanni Tagliapietra, Net1 News s.r.l., e Società Editrice Multimediale s.r.l., relativamente agli articoli pubblicati su diversi siti web.
- La richiesta di rimozione degli Url che creano pregiudizio e di altri Url specificamente legati all’evento del suicidio, quando si utilizza il nome e cognome del defunto KW come chiave di ricerca. Questa richiesta è stata rivolta a Google Inc. e Google Italy s.r.l. in quanto gestori del motore di ricerca “Google,” e a Microsoft Corporation e Microsoft Italia s.r.l. in quanto gestori del motore di ricerca “Bing”.
- Infine, è stata richiesta la liquidazione delle spese sostenute nel procedimento a favore della richiedente.
Questo ricorso evidenzia l’importanza del diritto all’oblio nel contesto della protezione della privacy online e delle informazioni personali sensibili. Durante l’istruttoria, il Garante ha notato che Google, Microsoft, Gruppo Editoriale L´Espresso S.p.A., Società Editrice Multimediale s.r.l. e Net1news s.r.l. avevano volontariamente accettato tutte le richieste della ricorrente.
Di conseguenza, nei loro confronti è stato stabilito che non fosse necessario prendere ulteriori provvedimenti in base all’articolo 149, comma 2, del Codice. Infine, il trattamento di cui sopra riguarda fatti recenti e l’articolo segnalato non contiene dati che permettano di identificare il figlio minore del defunto KW.
Rimozione di contenuti inerenti ad una condanna
Nel caso di specie, il ricorrente ha richiesto la rimozione di informazioni online relative a una condanna passata, sostenendo che le stesse danneggiavano la sua reputazione. Tuttavia, Google ha respinto la richiesta, affermando che l’integrazione di termini aggiuntivi nei risultati di ricerca è conforme alla legge.
Per prima cosa, il Garante ha ribadito che il trattamento dei dati personali deve sempre rispettare il principio di esattezza dell’informazione. Questo include l’adeguatezza e la completezza dei dati reperibili attraverso i risultati di ricerca per i quali è richiesta la rimozione, come indicato nelle “Linee Guida.” In più, nel caso specifico in esame, l’URL menzionato nel punto 1 era collegato a un articolo che riguardava esclusivamente una vicenda giudiziaria risalente ad oltre sedici anni fa.
In questa situazione, ricorrente è stato condannato penalmente in un ruolo diverso da quello che attualmente ricopre. La documentazione presentata dal ricorrente dimostra che questa informazione non rispecchia più la situazione attuale, poiché ha ottenuto la riabilitazione per il reato nel 2013.
Pertanto, alla luce di queste considerazioni, si è ritenuto opportuno accogliere parzialmente il ricorso, limitatamente alla richiesta di rimozione di alcuni URL. Di conseguenza, è stato ordinato a Google di rimuovere, entro venti giorni dalla ricezione del provvedimento, l’URL indicato nel punto 1 dai risultati di ricerca effettuati “a partire dal nome” dell’interessato, conformemente all’articolo 150, comma 2, del Codice.
Diritto all’oblio: quando Google fornisce risposte esaustive
Il ricorrente, nel caso di specie, ha affermato che il procedimento giudiziario si è concluso nel 1998 con una sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste.” Ha menzionato che la Corte di Appello ha riconosciuto l'”ingiusta detenzione” a cui era stato sottoposto, assegnando una “equa riparazione” sotto forma di un pagamento a carico del Ministero del Tesoro.
Infine, ha evidenziato che la presenza degli URL in questione sul motore di ricerca gestito da Google, nonostante l’esito positivo della vicenda giudiziaria e il lungo periodo trascorso (oltre diciannove anni), ha causato un “ulteriore grave nocumento alla sua vita familiare, relazionale e professionale, nonché all’onore e alla reputazione.”
Successivamente, l’Autorità ha richiesto al titolare del trattamento di fornire risposte alle richieste dell’interessato. In seguito, la resistente ha comunicato l’accettazione dell’istanza di rimozione e il blocco degli URL indicati nelle versioni europee dei risultati di ricerca di Google, relativi alle query correlate al nome del ricorrente. Tuttavia, il ricorrente ha lamentato la persistente disponibilità in rete di uno dei due URL indicati nell’atto introduttivo, nonostante l’accettazione iniziale da parte di Google.
Alla luce delle informazioni presentate sopra, il Garante ha deciso, in base all’articolo 149, comma 2 del Codice, di non prendere alcuna ulteriore decisione sul ricorso, dal momento che il titolare del trattamento ha fornito una risposta adeguata, anche se durante lo svolgimento del procedimento, come confermato dalla dichiarazione di conformità con l’articolo 168 del Codice relativo alle “falsità nelle dichiarazioni e notificazioni al Garante.”