Quando non si applica il diritto all’oblio previsto dal GDPR?

4 Settembre 2023
Cancelliamo i Dati Indesiderati
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La gestione delle informazioni personali e della privacy è diventata una questione centrale. Con l’avvento della tecnologia e della presenza costante di internet nelle nostre vite, è emersa la necessità di regolare il trattamento dei dati personali in modo più efficace ed equo. In risposta a questa esigenza, è stato introdotto il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati (GDPR).
Si tratta di un quadro normativo che stabilisce le basi per la protezione dei dati personali dei cittadini dell’Unione Europea. Uno degli aspetti chiave del GDPR è l’Articolo 17, noto con il termine diritto all’oblio, che mira a garantire agli individui il controllo dei propri dati personali e la possibilità di richiedere la rimozione di tali dati dai motori di ricerca e dai siti web.
Il contesto del diritto all’oblio
Nel panorama digitale contemporaneo, le informazioni personali possono essere raccolte, archiviate e rese accessibili con una facilità senza precedenti. Questo ha sollevato preoccupazioni sulla sicurezza e sulla privacy dei dati personali.
Spesso, le informazioni sensibili possono essere reperite anche a distanza di anni, rendendo difficile per gli individui gestire la propria reputazione e la propria immagine pubblica. Il diritto all’oblio affronta questa sfida, consentendo alle persone di rimuovere dati personali da Google, rectius da internet in generale, ovvero richiedendo la rimozione dei dati personali obsoleti, non rilevanti o dannosi.
L’articolo 17 del GDPR: definizione ed applicazione
L’Articolo 17 del GDPR stabilisce il diritto all’oblio e fornisce un quadro normativo per le richieste di cancellazione dei dati personali. Questo articolo prevede due aspetti principali: il diritto alla cancellazione e il diritto di limitazione del trattamento.
Il diritto alla cancellazione consente agli individui di richiedere la rimozione dei propri dati personali quando sussiste uno dei seguenti motivi:
-I dati personali non sono più necessari rispetto alle finalità per le quali sono stati raccolti o altrimenti trattati.
-L’individuo ritira il consenso su cui si basava il trattamento e non sussiste un altro fondamento giuridico per il trattamento.
-L’individuo si oppone al trattamento e non sussiste alcun motivo legittimo prevalente per procedere al trattamento.
-I dati personali sono stati trattati illecitamente.
-I dati personali devono essere cancellati per adempiere a un obbligo legale nell’Unione Europea o negli Stati membri.
-I dati personali sono stati raccolti in relazione all’offerta di servizi della società dell’informazione a minori di 16 anni.
Tuttavia, è importante notare che questo diritto non è assoluto e può essere bilanciato con altri diritti e interessi legittimi. Ad esempio, la libertà di espressione e di informazione dei media potrebbe giustificare il mantenimento di determinate informazioni anche se richiesto il diritto all’oblio.
Diritto di limitazione del trattamento
Oltre al diritto di eliminare notizie dal web, l’articolo 17 del GDPR prevede anche il diritto di limitare il trattamento dei dati personali. Esso consente agli individui di richiedere la sospensione del trattamento dei propri dati in determinate circostanze. Ad esempio, quando l’accuratezza dei dati personali è contestata dall’individuo o quando il trattamento è illecito, ma l’individuo si oppone alla cancellazione.
Il bilanciamento tra informazione e privacy
Quando si parla di diritto diritto all’oblio non si deve, comunque, pensare ad un diritto assoluto. Infatti, questo viene sempre limitato, ai sensi della normativa di settore, il GDPR, dal diritto di cronaca e quello di informazione pubblica. Perché una notizia possa giustificare l’interesse pubblico e quindi la sua diffusione, occorre tenere conto di vari fattori. Da un lato, ci sono elementi oggettivi, come la tipologia di notizia, specialmente quando riguarda indagini o processi legali di rilevanza.
Anche la gravità dei reati contestati gioca un ruolo importante. Dall’altro lato, ci sono fattori soggettivi, come la funzione che la persona coinvolta riveste o il suo coinvolgimento in cariche pubbliche. Tuttavia, una volta valutato l’interesse pubblico, è fondamentale considerare il principio di non colpevolezza e l’essenzialità dell’informazione.
Questo significa che i giornalisti devono fare una valutazione iniziale su quali dettagli delle persone coinvolte riportare all’interno dell’articolo. Essi possono includere nomi completi, iniziali, nomi di fantasia o altre informazioni personali come età, professione, luogo di lavoro e indirizzo.
Un esempio di contemperamento di interessi contrapposti
Un esempio di questo equilibrio è stato sottolineato da un provvedimento del 12 ottobre 2017, nel quale si afferma che la pubblicazione dei nomi delle persone coinvolte in procedimenti penali come indagati, imputati o condannati non eccede il principio di essenzialità dell’informazione.
Questa divulgazione è vista come parte delle garanzie per assicurare la trasparenza e il controllo da parte dei cittadini sull’attività della giustizia. Inoltre, il riferimento a patologie personali, come la ludopatia nel caso specifico, può essere incluso, se rilevante per la vicenda. Tuttavia, è necessario omettere dettagli lesivi per la dignità della persona coinvolta.